Gli ingredienti per la tempesta perfetta ci sono tutti: l’annuncio dei dazi da parte dell’amministrazione USA verso i paesi asiatici, soprattutto nazioni come il Vietnam dove paradossalmente era stata spostata gran parte della produzione mondiale proprio per evitare di pagare i dazi sull’import dalla Cina, rischia davvero di aumentare sensibilmente il prezzo di tutti i prodotti elettronici.

Nel weekend si è parlato tanto dell’iPhone (Apple è sicuramente una delle aziende più esposte) perché l’iPhone fa notizia, ma l’impatto dei dazi riguarda tutti i prodotti tecnologici dai Pixel di Google al laptop fino ad arrivare alle console da gioco, PlayStation, Switch, e Xbox. Oltre che su determinati componenti, perché se i chip sono realizzati a Taiwan molte schede vengono assemblate in Cina.

La guerra commerciale innescata da Trump dovrebbe teoricamente impattare solo sui prezzi americani in quanto in Europa i prodotti arrivano direttamente dalla Cina senza transitare negli USA. Gli iPhone e tutti i dispositivi Apple vengono importati direttamente dall’Europa tramite hub logistici, e questo vale anche per tutti gli altri prodotti tech per i quali si applicano eventuali dazi di importazione tra Cina (puro esempio) e Europa.

Il problema per l’Europa è un altro, l’effetto domino, perché i dazi americani mettono produttori e distributori di fronte a un bivio strategico che avrà dirette conseguenze sui prezzi finali pagati dai consumatori. L'aumento dei costi all'origine è un dato di fatto, ma come questo si tradurrà in un effettivo rincaro sugli scaffali dipenderà dalle scelte, spesso sofferte, che le aziende coinvolte dovranno compiere nelle prossime settimane. Si possono delineare tre differenti scenari, dal più ottimista e meno credibile a quello più realista.

Scenario 1: L'assorbimento totale – un'ipotesi remota

La prima opzione, teoricamente la più favorevole per i consumatori, vedrebbe le aziende (produttori e catene di distribuzione) farsi carico interamente dell'aggravio fiscale imposto dai dazi, mantenendo invariati i prezzi al pubblico. Tuttavia, questa strada appare altamente improbabile. L'entità dei dazi annunciati renderebbe questa mossa economicamente insostenibile per la maggior parte delle imprese, erodendo drasticamente i margini di profitto. A pesare su questa valutazione c'è anche un precedente significativo: sei anni fa Trump iniziò una guerra commerciale con la Cina (quella che portò anche al ban di Huawei) e molte aziende tentarono un assorbimento quasi completo. Una mossa che oggi, in un contesto economico già teso e con margini ridotti, appare difficilmente replicabile senza conseguenze severe sui bilanci.

Scenario 2: Il compromesso doloroso – assorbimento parziale e rincari mirati

Una via considerata più probabile è quella del compromesso. In questo scenario, le aziende deciderebbero di assorbire una quota significativa dei nuovi costi, stimata tra il 30% e il 40%, per non perdere competitività e quote di mercato. La restante parte dei dazi, però, verrebbe inevitabilmente trasferita sul prezzo finale, gravando direttamente sui consumatori. Sebbene questa strategia permetta alle aziende di mitigare l'impatto sui propri conti e di non scoraggiare eccessivamente la domanda, comporterebbe comunque una sensibile riduzione del fatturato e degli utili, in un equilibrio delicato tra mantenimento dei volumi di vendita e salvaguardia della redditività. Per il consumatore, l'effetto sarebbe un aumento tangibile dei prezzi dei beni colpiti.

In questo caso l’Europa potrebbe non essere impattata: Apple ad esempio ha una buona marginalità sui suoi prodotti e potrebbe decidere di assorbire parte dei dazi con il suo margine aumentando il prezzo di poco solo negli States. Un aumento limitato del prezzo non porterebbe ad uno sbilanciamento netto del prezzo tra Usa e resto del mondo, con una situazione quindi sopportabile.

Scenario 3: la strategia globale. Ovvero diluire l'impatto su scala mondiale

Il terzo scenario è quello che riteniamo più probabile e strategicamente più adeguato per le aziende con una forte presenza internazionale. In questo caso si prevede un assorbimento minimo dei dazi sul mercato direttamente colpito, quindi in questo caso gli Usa (nell'ordine del 10-20%). La parte preponderante dell'aumento dei costi verrebbe invece "spalmata" gradualmente su tutti i mercati globali in cui l'azienda opera. Questa tattica permetterebbe di tutelare maggiormente il mercato interno, quello colpito dai dazi, limitando l'impatto sui consumatori locali e difendendo le quote di mercato più strategiche.

In questo terzo scenario i costi aumenterebbero ovunque, evitando anche fenomeni di “contrabbando”: se l’iPhone negli Usa dovesse costare 2.300 dollari e in Europa 1.300 euro le dogane americane dovrebbero controllare ogni turista di ritorno per vedere se in valigia non ha qualche telefono di troppo