Il consumatore sembra "stanco", poco vivace, un po' ingessato dalla situazione congiunturale, dando luogo così a una situazione di mercato che può definirsi piatta. Non esiste una sola azione che rilanci il mercato ma un sapiente mix di attività che rimetta veramente al centro il consumatore e le sue esigenze da un lato e i punti di forza del negozio dall'altro.

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Questo è il macrotrend che emerge dal NIQ & GFK Insight Summit Italy 2025 che si è tenuto a Milano in questi giorni. Un appuntamento a cui tuti gli operatori del settore, produttori e retailer (non solo di elettronica) partecipano coralmente per fare il punto della situazione, analizzare i dati dell'anno passato e traguardare le tendenze per quello in atto.

Nel 2024, a fronte di una spesa dei consumatori italiani incrementatasi dell'1,7%, il settore dei beni tecnologici e durevoli ha visto una crescita più modesta, dell'1,1%.

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Un dato che rappresenta una media tra i canali distributivi nel cui panorama non mancano ovviamente situazioni più felici: ci riferiamo per esempio ai specialisti di arredamento (+10,2%), alle piattaforme e-commerce generaliste (+7,8%) e ai marketplace (+19,2%). I superstore di tecnologia invece hanno visto arretrare il loro giro d'affari (-1,8%), un dato notevole se addirittura le librerie hanno invece vissuto un segno più seppur di entità moderata (+1,8%).

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Se si vanno a vedere i dati per settore di mercato tech, i dati continuano a essere contrastati: se i piccoli elettrodmestici sono cresciuti del 6,5%, trascinati dal successo a doppia cifra delle friggitrici ad aria, il settore audio video ha segnato un brutto -3,8%, peraltro rispetto a 2023 già non brillantissimo. Per un settore come la climatizzazione che posta un felice +8,5% (le pompe di calore hanno guidato il mercato), ce n'è un altro come la fotografia che si muove in maniera simmetrica, con un -8,6%. Insomma, un panorama confuso in cui emerge comunque un messaggio molto chiaro: dopo essere sembrato sull'orlo del baratro, il mondo della musica sta riguadagnando via via sempre più terreno e ha piazzato un formidabile +13,9% nel 2024: lo streaming spinge sempre più forte ma una parte, seppur minoritaria di questa crescita viene anche dal vinile, che mette in condizione il supporto fisico di crescere del 3,7%.

Narrazione di prodotto e smettere di pensare per target anagrafici

Secondo i consulenti di NIQ e GFK per uscire da questa stagnazione generalizzata (seppur, come abbiamo visto, con alcune eccezioni felici), servono strategie nuove e olistiche.

Non c'è la singola azione, la singola campagna in grado di incidere veramente. Il prezzo è ancora il fattore chiave per il 71% degli acquirenti, ma la spinta promozione conta un po' meno del passato, con decremento in termini di rilevanza nelle decisioni di acquisto del 3%. La fedeltà non è del mondo tech: il 46% dei clienti continua a fare il giro "delle 7 parrocchie", va in un negozio con l'intenzione di acquisto, ma poi finisce per comprare da un'altra parte, segno che i negozi non sempre sono in grado di garantire le giuste condizioni.

Tra i fattori decisivi per il target degli alto-spendenti nei tech store c'è (sorprendentemente, o forse no) la competenza degli addetti vendite, la varietà dell'assortimento e la profondità dello stock. Sorprendentemente perché questi tre sono fattori su cui i retailer in realtà in questi ultimi anni hanno deciso deliberatamente di fare marcia indietro. La competenza dei commessi non può certo definirsi esemplare, per lo meno nella media; la varietà dell'assortimento è stata drasticamente ridotta seguendo la strategia del cosiddetto "scaffale infinito", ovverosia del magazzino dello store online che viene in soccorso al negozio; la profondità delle scorte in alcuni casi è addirittura sparita, con il ricorso ai magazzini centrali.

E proprio per questo alla fine non siamo affatto sorpresi che i consumatori accusino proprio questo malessere: competenza, gamma e disponibilità sono fattori distintivi del negozio, che permette di toccare, scegliere e portare a casa immediatamente il proprio nuovo prodotto hi-tech e che in questi elementi ha proprio la sua ragione d'essere. Se il negozio - estremizziamo - si trasforma in un "monitor" per il sito web dell'insegna, con tutta la scomodità del monitor che non fa "toccare" e la scomodità di dover andare fino in negozio, il cliente sarà necessariamente condannato a essere rassegnatamente insoddisfatto.

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Proprio per uscire da questo torpore, NIQ e GFK hanno suggerito alcune contromisure. La narrazione del prodotto diventa decisiva per dare significato e senso di realtà al processo di acquisto, che altrimenti procede stancamente. E anche questa indicazione arriva proprio nel momento in cui i retailer, con un personale di negozio sempre più "corto", sta venendo meno al ruolo di "story teller" per trasformarsi sempre più in mera piattaforma logistica.

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Anche la segmentazione per generazioni, applicata per anni per impostare le strategie di marketing segna il passo, secondo gli analisti di GFK: l'approccio prevalente alla generazione Z sembra essere più un luogo comune che altro, visto che il 55% della popolazione acquirente è GenX o Boomer (cioè da 44 a 79 anni).

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E anche il fatto che queste generazioni non siano target per le nuove tecnologie è tutt'altro che vero. Una considerazione evidente è che il settantenne di oggi ha fatto certamente una parte rilevante della sua carriera lavorativa, più di un decennio, interagendo con un computer e con i mezzi digitali; non si tratta più dei settantenni di una volta, con il quotidiano sotto braccio o incantanti davanti a un cantiere.

Lo dimostra anche l'analisi delle abitudini di entertainment audiovisivo: solo gli ottantenni sembrano radicamente legati alla TV lineare.

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Anche i boomer oramai fanno largo uso di Internet e non sono poi così distanti rispetto ai più giovani nella fruizione di video on demand. Allora forse il racconto "super-giovane", di pochissime parole e nessun approfondimento, che viene fatto rispetto a certi prodotti di elettronica andrebbe riconsiderato e affiancato da una narrazione un po' più analitica e adeguata alle esigenze e ai canoni comunicativi di chi veramente può spendere, cioè i meno giovani: produttori e retailer lo hanno veramente capito?