Con un po’ di ritardo, a causa di imprecisati problemi sulla qualità di alcuni componenti, il Pixel 9A arriva finalmente tra le nostre mani e si prepara ad arrivare anche nei negozi. Google quest’anno ha anticipato leggermente i tempi: il Pixel 9 è uscito prima, ad agosto, e Apple ha giocato da poco la sua carta, quell’iPhone 16e che ha un po’ sorpreso tutti con un prezzo leggermente più alto di quello che molti utenti si aspettavano.
Il Pixel 9a in Italia parte da 549 euro (versione da 128 GB), ma conoscendo i Pixel è lecito aspettarsi nei prossimi mesi una revisione dello street price che lo porta sotto i 500 euro, fascia dove il nuovo smartphone diventa davvero interessante complice anche una concorrenza che fatica sempre di più a gestire quel segmento di mercato, la fascia media, sempre più difficile. Anche perché attorno ai 550 euro si compra un Pixel 9, che è senza alcun dubbio una scelta migliore.
Google ci mette davanti ad una evoluzione del Pixel 8A che si stacca un po’ da quelle che sono le linee classiche dei Pixel, e per una volta le esigenze funzionali passano davanti a quelle che possono essere le esigenze estetiche. C’è da dire che, nonostante la fotocamera a pillola quasi a filo, Google è riscuota a trovare un design non banale e originale.
L’estetica è sempre soggettiva ma sul design del Pixel 9a siamo un po’ combattuti: trovarci davanti ad uno smartphone con il retro praticamente piatto, a filo, ci ha messo davanti ad una situazione che ci ricorda quella dei primissimi tempi dei telefoni, quando le fotocamere erano talmente piccole che le ottiche non sporgevano.
Vedere un blocco fotocamere così poco preponderante lascia quella sensazione di fotocamere di bassa qualità, quando in realtà non è la fotocamera che si è ridotta più di tanto ma è il retro che è aumentato di spessore per far spazio ad una batteria più grande. Dopo circa una settimana, quando ci siamo resi conto che il nuovo design accumula sulle giunture molta meno polvere e soprattutto si rischiano molti meno graffi sul gruppo ottico, abbiamo iniziato ad apprezzarlo.
Nonostante l’aumento di spessore lo smartphone è comodo da tenere con una mano, leggero e anche piacevole, soprattutto nei colori più accesi: indovinata la scelta di avere una cornice in alluminio anodizzata con finitura opaca che ben si sposa con il retro anche lui opaco. Sembra il classico vetro satinato, in realtà è plastica ma al tatto un po’ tradisce: toccando con mano il Pixel 9a, nonostante sia un modello di fascia media, sembra di trovarsi davanti ad un flagship come materiali. Anzi, il satinato combinato al satinato è la ricetta vincente che avremmo voluto anche su Pixel 9 e Pixel 9 Pro.
Tra le cose da segnalare lo spostamento dell’altoparlante rispetto al Pixel Pro XL e l’aumento del grado di certificazione IP, che passa da IP 67 a IP 68 su questo modello. Presente la porta USB 3.2 con uscita video, solitamente rara in questo segmento.
Lo schermo è ottimo, ma è anche il vero punto debole
Impossibile non notarlo appena si accende il telefono: le cornici del Pixel 9a sono simmetriche, ma sono spessissime rispetto a quelle di altri telefoni. Oggi esistono smartphone di fascia bassa con cornici molto più sottili, vedi i Nothing, e crediamo che Google qui abbia fatto una scelta ben precisa: usare la cornice spessa per differenziare il 9 dal 9a.
Ci si abitua, a tutto ci si abitua, ma con un millimetro in meno di cornici questo Pixel guadagnava almeno due punti sul design.
Qualche critica anche alla protezione dello schermo: Google ha messo il Gorilla Glass 3 che offre una protezione da cadute e graffi non eccezionale, e sebbene non abbiamo provato personalmente conosciamo chi ha avuto modo di verificare accidentalmente la cosa: urtato da una persona lo smartphone è finito a terra con il vetro disintegrato.
Il Gorilla Glass 3 non offre neppure una buona protezione dai graffi: dopo una settimana controluce si possono già vedere piccoli segni.
Un peccato perché la qualità dello schermo è decisamente superiore anche a quella di molti smartphone di fascia alta e sicuramente migliore di quella dell’iPhone 16e: è uno schermo che funziona bene con mani bagnate, molto accurato cromaticamente e con una luminosità di picco che dovrebbe toccare i 2700 nits all’aperto ma non siamo mai riusciti, nemmeno con contenuti HDR, a misurare questo valore. Probabilmente viene rilevato solo su una porzione molto piccola.
I 6.3”, c’è un piccolo aumento rispetto ai 6.1 del Pixel 8a, sono un giusto compromesso tra area visualizzata, definizione e ingombro, e sono accompagnati da una definizione comunque alta, più di 420 ppi. Non c’è ovviamente il pannello LTPO, non si scende a 1 Hz ma è un pannello OLED comunque ad alto refresh con una modulazione della luminosità in PWM a frequenza molto elevata, non si avverte assolutamente il flickering.
Volendo essere puntigliosi gli unici difetti possono essere una regolazione della luminosità automatica non precisissima e l’assenza del sensore sul retro che legge il punto di bianco e che regola in automatico la temperatura colore dello schermo. C’è solo sul frontale, e questo vuol dire che la misura di tutto l’ambiente non è così precisa, ma è un dettaglio che quasi nessuno noterà.
Memoria e autonomia i punti dove si può migliorare
La particolarità della serie “A” dei Pixel è quella di offrire nel modello entry lo stesso identico processore dei modelli top: prestazioni elevate ad un prezzo più basso, i compromessi sono altrove.
In questo caso il Google Tensor G4 è gestito allo stesso identico modo di come è gestito sul Pixel 9 Pro XL, tanto che i punteggi dei benchmark risultano molto simili e anche le prestazioni sono simili. Le dimensioni ridotte del Pixel 9a rispetto all’XL ci mettono davanti ad una dissipazione però leggermente meno efficiente, quando si usa la videocamera per fare un video HDR o quando si gioca lo smartphone diventa abbastanza caldo.
Non eccessivamente, ma senza custodia si sente soprattutto sulla cornice e sul retro, dove la plastica conduce calore peggio del vetro e quindi, a differenza del vetro che sottrae calore alla mano, sembra più calda al tatto a parità di temperatura. La velocità di avvio delle app e la fluidità di utilizzo sono come sempre eccezionali: la potenza dei processori è cresciuta e Google ha ottimizzato davvero tanto Android, cosa che ha portato di fatto ad una user experience in termini di fluidità identica a quella che si ha con iOS.
Abbiamo provato diverse situazioni, dal gaming all’uso di modelli LLM in locale tramite LM Playground e il processore, che ricordiamo è realizzato da Samsung con processo produttivo a 5 nanometri, risulta comunque un buon compromesso anche se in certi frangenti sfigura di fronte a Snapdragon e Dimensity.
Non delude troppo la GPU, dove Genshin Impact fa registrare al massimo dettaglio un andamento variabile tra i 35 e i 58 fps: ci troviamo davanti al caso dove il processore grafico viene spremuto di più. Se prendiamo altri giochi, come Asphalt, i 60 fps al massimo dettaglio grafico sono raggiungibili senza problemi. Per quanto il SoC non sia all’altezza di uno Snapdragon 8 Elite per la risoluzione di display e per quelli che sono i programmi e i giochi disponibili oggi, il Tensor G4 si difende comunque bene. Dove è veloce è sul machine learning: non tanto l’inferenza di modelli LLM (va un terzo rispetto a Snapdragon con LLama 3.2 1b), quanto l’accelerazione di alcuni modelli che si appoggiano ai core Tensor in software come CapCut o Insta360. La generazione dei sottotitoli, la stabilizzazione e il tracking dei soggetti sono veloci.
L’unico punto dove forse si sente un po’ di sacrificio è sulla RAM: ci sono 8 GB di RAM, ma in uno smartphone che è stato “immerso dentro Gemini” parte della RAM viene usata per alcuni modelli che restano pre-caricati per essere disponibili sempre, e questo vuol dire che nonostante il multitasking vero di Android molte app vengono in realtà chiuse in background proprio per liberare memoria. Gli 8 GB erano perfetti per uno smartphone ma non lo sono per uno smartphone “AI” con modelli che girano anche in locale, ne servirebbero almeno 12. La speranza è che Google possa riuscire a quantizzare meglio alcuni modelli riducendo l’impatto sul sistema senza perdere però in accuratezza.
Il tema dell’IA locale, che consuma, è legato direttamente anche all’aumento della capacità della batteria, che ha portato come conseguenza a quell’aumento di spessore di cui parlavamo prima. Con 5100 mAh ci aspettavamo un risultato eccezionale, invece abbiamo un risultato solo “buono”: in 5G si fanno circa sei ore di schermo acceso. Il problema non è tanto il consumo dello schermo o del processore mentre si “fanno cose”, il problema è più il battery drain in stand-by che ci è sembrato, soprattutto in 5G, un po’ alto.
Se il Tensor G4 è lo stesso dei Pixel 9, il modem del Pixel 9a è lo stesso del Pixel 8a (Exynos 5300) e non è la versione migliorata e più efficiente che Google ha usato sui top di gamma quest’anno (Exynos 5400). L’autonomia non deve comunque spaventare: è sicuramente nella media, ma ci si aspettava un qualcosa in più proprio perché c’è un aumento di capacità che alla fine, nel confronto con il Pixel 8a, non si traduce in un aumento netto di durata.
Per quanto riguarda la ricarica presenti sempre la ricarica a cavo veloce (si fa per dire) e la ricarica wireless. Quella a cavo è da 23 Watt, quindi è più veloce della ricarica a 5 Watt di base ma servono comunque 2 ore e 15 minuti circa per ricaricarlo dal 5%. Anche usando un caricatore più potente non siamo comunque riusciti a raggiungere i 23 Watt, con la batteria vuota il picco è stato di 21.3 Watt.
Buono come telefono, migliorabile la parte radio
Il Pixel 9a è ovviamente uno smartphone, e non si può ignorare la parte telefonica. La ricezione è forse il punto più debole, la riteniamo nella media e simile a quella del Pixel 8a nonostante cambi la struttura delle antenne. Nel classico tragitto che facciamo abbiamo avuto qualche “buco” nelle zone dove comunque sono "caduti" anche altri provati in questi anni, ma se prendiamo uno smartphone con un moderno modem Qualcomm la ricezione è senza alcun dubbio migliore.
Quando c’è connessione la velocità che si raggiunge anche in 5G è più che buona (560 Mbps toccati a poche centinaia di metri dal ripetitore) e la qualità della chiamata è davvero soddisfacente, con un ottimo filtro per i rumori ambientali. Meglio del previsto aanche l’altoparlante, posto ora a destra: spinge abbastanza e non ci sono distorsioni apprezzabili; lo smartphone è ovviamente stereo, un canale viene gestito con la capsula frontale. Non impeccabile la velocità che si ottiene in Wi-fi: Samsung S25 Ultra fa molto meglio, Pixel 9 XL anche.
Veloce lo sblocco con il dito anche se, come sui Pixel, c’è anche lo sblocco con il volto che funziona anche con le app bancarie e con poca luce; inutile dire che il dito, per chi attiva lo sblocco con il volto, si usa davvero poco. Il sensore non è ultrasonico come quello usato su Pixel 9 e Pixel 9 XL ma è di tipo ottico.
Una buona fotocamera che fa il suo dovere
Rispetto al Pixel 8a la selfie camera e la camera ultrawide da 13 megapixel sono rimaste invariate. A cambiare è la camera principale, dove al posto del sensore da 1/1.73” di diagonale con 64 megapixel ci troviamo davanti ad un sensore da 48 megapixel da 1/2” di diagonale. Il sensore in realtà dovrebbe essere da 50 megapixel, leggermente croppato per poter tenere una focale equivalente da 23 mm. Usato nella sua interezza avrebbe dato un 22 mm, troppo aperto per un wide.
Ci sono altre piccole differenze, che non sono da sottovalutare: nonostante la dimensione inferiore il nuovo sensore è dual pixel e è molto più rapido nella messa a fuoco, e il gruppo ottico può ora gestire una simil macro (per la prima volta sulla serie A) con la camera principale.
Come sempre quando si parla di fotocamere e sensori Google non entra mai nei dettagli, ed è anche difficile dare un senso ad alcuni comportamenti "strani": i RAW, ad esempio, hanno una risoluzione più bassa del Jpeg (di una manciata di pixel) e mostrano una porzione di quadro più piccola. Come è possibile che il RAW mostri meno del Jpeg ricavato dalla stessa identica foto quando il RAW dovrebbe mostrare lo scatto intero del sensore è un mistero che solo Google può dipanare. Qui sotto un confronto.

Quando si parla di Pixel gran parte del lavoro viene fatto dal software, la Pixel Camera, e dobbiamo dire che rispetto al Pixel Pro XL il nuovo Pixel 9a paga qualche punto nello scontorno dei ritratti ma per quanto riguarda gamma dinamica, gestione delle luci e del controluce, la resa è più o mano simile.
Lo zoom viene ovviamente penalizzato dall’assenza di un sensore tele da usare come base: i 2x sono ottici, ma quando si arriva a 8x, il massimo, l’immagine viene migliorata dal modello IA on device ma non tanto da poter giudicare il risultato soddisfacente.
Insomma, una buona fotocamera che comunque restituisce foto superiori a quella della media degli smartphone nella stessa fascia di prezzo.
F2.252 ISO361/250000 shutterApri originale

F1.734 ISO399/1000000 shutterApri originale

F1.727 ISO1609/1000000 shutterApri originale

F2.251 ISO39/250000 shutterApri originale

F1.730 ISO77/200000 shutterApri originale

F2.250 ISO249/1000000 shutterApri originale

F1.72575 ISO1/10 shutterApri originale

F1.7215 ISO15999349/1000000 shutterApri originale

F1.730 ISO173/100000 shutterApri originale

F1.732 ISO1363/200000 shutterApri originale

Chi sceglie questo smartphone ovviamente non vuole (o non può) spendere di più per un Pixel 9, ma è giusto comunque sapere cosa si perde a livello software. Dite addio alla modalità "Action Pan" e ai controlli manuali avanzati: c’è il RAW, ma non esiste una vera modalità manuale. Questo è a nostro avviso un finto problema, perché si possono far apparire i controlli per esposizione, punto di bianco e tone mapping che a nostro avviso sono più utili della regolazione di ISO e tempi. Se serve una posa prolungata c’è la modalità lunga esposizione. Lato video manca completamente della funzione Cinematic Blur e manca anche il "Video Boost", la tecnologia che migliora la qualità video usando il machine learning e di conseguenza non ci sono nemmeno i video “notturni” migliorati e l’audio zoom. Sorprende che il 9a supporti la modalità notte anche negli scatti panoramici, feature introdotta sui Pro.
Sul fronte dell'editing e delle funzionalità AI in Google Foto troviamo "Scatto Migliore" (Best Take) e il noto "Magic Editor" con tutte le sue funzioni tra la quali Reimagine e Auto Frame). Non c’è la funzione "Zoom Enhance" che migliora i dettagli nelle foto zoomate perché viene applicata sempre quando si usa lo zoom sopra i 2x, questo smartphone non ha ottica tele.
Il software è quello che conosciamo
Dal punto di vista software non ci sono novità: Pixel Studio, Pixel Screenshot e tutte le app che non ci sono sui Pixel 9 non ci sono nemmeno sul Pixel 9a. Restano la VPN integrata di Google, il rilevamento degli incidenti e la protezione automatica contro il furto (del telefono e dei dati). Non c’è però, a differenza del modello superiore, il supporto alla connessione satellitare e il motivo è legato al modem Exynos 5300, lo stesso del Pixel 8a. Serviva il modello più recente.
Restano, come da tradizione Pixel, i 7 anni di aggiornamenti di sistema, sicurezza e i Pixel Drop, e non è cosa da poco. Dal momento che le release di Android portano poche novità a livello di funzionalità per l’utente finale, aggiungono solo librerie e framework che gli sviluppatori possono sfruttare, Google con i Pixel Drop porta regolarmente novità software che migliorano l’esperienza. La maggior parte degli altri produttori Android solitamente aggiunge novità con la classica major release annuale della loro interfaccia che coincide con il rilascio del nuovo Android.
Resta sempre un po’ di amaro in bocca per avere, in Italia, una Pixel experience un po’ castrata, dove molte funzionalità (ad esempio quelle citate sopra) non sono disponibili.
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