Spotify cambia, e gli sviluppatori sono inferociti. La scorsa settimana con un messaggio sul suo blog l’azienda europea ha annunciato un cambiamento alla politica delle api, ovvero delle librerie alle quali gli sviluppatori di app potevano accedere per creare app integrate con quelle che erano alcune delle funzionalità di Spotify. L’azienda non si nasconde e lo dice chiaramente: “Vogliamo ribadire il messaggio principale del nostro blog: siamo impegnati a garantire un ambiente sicuro e protetto per tutti gli stakeholder di Spotify. Per questo motivo, di recente abbiamo apportato alcune importanti modifiche riguardanti l’accesso a determinati endpoint e funzionalità.

Le modifiche sono necessarie quindi per proteggere non tanto gli utenti dal punto di vista della sicurezza quanto il business, e non è un caso che tra le prime app impattate dai cambiamenti ci siano alcune app usate per fruire gratuitamente (e illecitamente) di Spotify. Il problema è stato risolto velocemente dagli sviluppatori di queste app “illecite”, ma potrebbe essere solo una questione temporanea: Spotify ha bloccato ad oggi l’accesso ai nuovi utenti, mentre chi utilizza chiavi di applicazioni già approvate può, al momento, continuare ad usarle. Ed è quello che stanno facendo gli sviluppatori che gestiscono app illecite: usano le stesse chiavi di app “civetta” apparentemente lecite già approvate. 

Quella di Spotify tuttavia non è solo una battaglia contro le app pirata, sacrosanta, mia è anche una battaglia contro le intelligenze artificiali: tra le api bloccate c’è “Related Artists” che restituisce un elenco di artisti simili a un artista specifico, basato sugli algoritmi di Spotify, “Recommendations”, che fornisce brani consigliati basati su uno o più seed (artisti, tracce o generi), Get Featured Playlists che restituisce playlist curate da Spotify, evidenziate nella piattaforma e Get Category’s Playlists che restituisce le playlist associate a una specifica categoria di Spotify.

Usando i dati restituiti dalle api di Spotify in base a richieste specifiche oggi è possibile addestrare un sistema di suggerimento che funziona in modo simile, e l’algoritmo di Spotify è uno dei segreti del successo dell’azienda.

Insomma, che sia pirateria o che sia per l’IA in entrambi i casi si cerca di proteggere la struttura di Spotify. Non quello degli sviluppatori: il forum di Spotify è pieno di lamentele di developer che hanno investito tempo e in molti casi anche denaro per creare applicazioni basate su “api” che ora non potranno più usare, senza una reale alternativa: alcuni dati Spotify non vuole più farli uscire.